R.Vecchioni – Improvviso paese
Venezia
bella, nei tuoi canali,
festival chiuso ho perso ancora,
allora parto, vado a trovare
un vecchio amico ch'è militare.
Giù nel Piceno Fulvio Benetti,
farò la costa c'è tanto mare,
la sabbia copre povera gente
e i figli tristi di ogni dipendente.
E all'improvviso mi salta fuori,
con le sue case mi copre il mare,
giuro, credevo che fosse altrove,
settembre, è tardi, sono le nove.
Io lo ricordo questo paese,
ragazza bionda, ragazza bella,
non ho più in mente le tue parole
ma quel tuo viso non si cancella.
Avevi gli occhi rotondi e strani,
bruciavi come la paglia al sole,
strozzavo l'urlo di aver vent'anni
nell'antracite del tuo calore.
Ed era il tempo che ci credevo,
a questo schifo di mondo cane,
avevo tutto, ti sorridevo,
adesso è tardi per ritornare.
Ma mi rivedo com'ero allora,
senza promesse da mantenere,
senza persone da sviolinare,
e te che sei stata il solo amore.
E all'improvviso qui grida il sole,
non è settembre di aver trent'anni,
è luglio come quando credevo
che tu m'avessi dato l'amore.
"Si alzi, la prego, qui non può stare,
sì è fatto tardi, vada a dormire".
Mi volto, è l'uomo col cane lupo,
l'uomo di guardia agli ombrelloni,
e non c'è sole nel vostro tempo,
è il mio settembre di aver trent'anni,
mica avrò pianto, mi vien da dire,
mentre risalgo per ripartire.
Ascoli arrivo, corro di notte,
ed ecco, piove, piove sul mare,
ho la camicia piena di gocce,
ho l'acqua in faccia per non sognare.
Fulvio, mi aspetti e parleremo,
si, delle nostre quattro avventure,
di quelle donne lasciate e prese
senza l'amore di far l'amore.
Berremo vino fino a domani,
e mi dirai: "Tu ci sai fare,
quante hai saputo prenderne in giro,
di tutto e tutti puoi fare a meno!"
E' vero, Fulvio, dimmi ch'è vero,
questa è la vita, io ci so fare,
devi gridarlo come la pioggia
che prendo in faccia per non sognare.
E' vero Fulvio, dimmi ch'è vero
questa è la vita, guai ricordare,
urlalo forte come la pioggia
che prendo in faccia per non morire.
festival chiuso ho perso ancora,
allora parto, vado a trovare
un vecchio amico ch'è militare.
Giù nel Piceno Fulvio Benetti,
farò la costa c'è tanto mare,
la sabbia copre povera gente
e i figli tristi di ogni dipendente.
E all'improvviso mi salta fuori,
con le sue case mi copre il mare,
giuro, credevo che fosse altrove,
settembre, è tardi, sono le nove.
Io lo ricordo questo paese,
ragazza bionda, ragazza bella,
non ho più in mente le tue parole
ma quel tuo viso non si cancella.
Avevi gli occhi rotondi e strani,
bruciavi come la paglia al sole,
strozzavo l'urlo di aver vent'anni
nell'antracite del tuo calore.
Ed era il tempo che ci credevo,
a questo schifo di mondo cane,
avevo tutto, ti sorridevo,
adesso è tardi per ritornare.
Ma mi rivedo com'ero allora,
senza promesse da mantenere,
senza persone da sviolinare,
e te che sei stata il solo amore.
E all'improvviso qui grida il sole,
non è settembre di aver trent'anni,
è luglio come quando credevo
che tu m'avessi dato l'amore.
"Si alzi, la prego, qui non può stare,
sì è fatto tardi, vada a dormire".
Mi volto, è l'uomo col cane lupo,
l'uomo di guardia agli ombrelloni,
e non c'è sole nel vostro tempo,
è il mio settembre di aver trent'anni,
mica avrò pianto, mi vien da dire,
mentre risalgo per ripartire.
Ascoli arrivo, corro di notte,
ed ecco, piove, piove sul mare,
ho la camicia piena di gocce,
ho l'acqua in faccia per non sognare.
Fulvio, mi aspetti e parleremo,
si, delle nostre quattro avventure,
di quelle donne lasciate e prese
senza l'amore di far l'amore.
Berremo vino fino a domani,
e mi dirai: "Tu ci sai fare,
quante hai saputo prenderne in giro,
di tutto e tutti puoi fare a meno!"
E' vero, Fulvio, dimmi ch'è vero,
questa è la vita, io ci so fare,
devi gridarlo come la pioggia
che prendo in faccia per non sognare.
E' vero Fulvio, dimmi ch'è vero
questa è la vita, guai ricordare,
urlalo forte come la pioggia
che prendo in faccia per non morire.
Serge Gainsbourg - L'anthracite
Les pensées que je médite,
Sont plus noires que l'anthracite,
Mais que faire quand tu te fous,
Si eperduement de nous.
Si arrive je t'incite,
C'est que mon humour anthracite,
A tourné en derision,
Ton dedain et ma passion.
Mais prends garde ma petite
A mon humeur anthracite,
J'arracherais animal,
Le cri et les fleurs du mal.
Fleurs de serres, fleurs maudites,
A la nuit noire anthracite,
Je les prendrais malgré toi,
Sous les ronces de tes doigts.
Allons viens viens et fais vite
Que ta chaleur anthracite,
Vienne rechauffer mon coeur,
Et refroidir ma fureur.
Tout contre moi tu t'agites
Dans une rage anthracite,
Mais qu'importe si tu mords,
Je veux ton ame et ton corps.
C'est ton regard que j'évite,
Car le mien est anthracite,
Et je ne veux point que tu vois,
Tout l'amour que j'ai pour toi.
Je t'aime, Oh ma belle aphrodite,
A l'âme noire anthracite,
Ni plus t'aime t'aimerais,
Plus me mine, minerais
Ni plus t'aime t'aimerais,
Plus me mine, minerais
Sont plus noires que l'anthracite,
Mais que faire quand tu te fous,
Si eperduement de nous.
Si arrive je t'incite,
C'est que mon humour anthracite,
A tourné en derision,
Ton dedain et ma passion.
Mais prends garde ma petite
A mon humeur anthracite,
J'arracherais animal,
Le cri et les fleurs du mal.
Fleurs de serres, fleurs maudites,
A la nuit noire anthracite,
Je les prendrais malgré toi,
Sous les ronces de tes doigts.
Allons viens viens et fais vite
Que ta chaleur anthracite,
Vienne rechauffer mon coeur,
Et refroidir ma fureur.
Tout contre moi tu t'agites
Dans une rage anthracite,
Mais qu'importe si tu mords,
Je veux ton ame et ton corps.
C'est ton regard que j'évite,
Car le mien est anthracite,
Et je ne veux point que tu vois,
Tout l'amour que j'ai pour toi.
Je t'aime, Oh ma belle aphrodite,
A l'âme noire anthracite,
Ni plus t'aime t'aimerais,
Plus me mine, minerais
Ni plus t'aime t'aimerais,
Plus me mine, minerais
E.Ruggeri - Il capitano
Ho costeggiato dirupi profondi,
seguendo sirene di mari di mondi.
Ho capito la notte più nera cercando le tracce di vita.
Ed ho avuto compagni di strada,
perduti a contare le stelle coi tempi scaduti,
che dentro alla cenere trovano pace da sempre sognata.
E tenendo le porte comunque socchiuse
ho lasciato persone ferite e deluse nel viaggio.
Quando volevo partire, quando morivo di nostalgia.
Quando volevo tornare, quando volevo cambiare.
Ho camminato su lame taglienti,
malgrado le corde strappate coi denti
e le bende macchiate di sangue più rosso del vino bevuto.
Ed ho visto coprire di terra gli amici
portando orgoglioso le mie cicatrici,
giocando la vita a bruciare del tempo per niente perduto.
E tenendo le mani mai troppo pulite
ho lasciato persone ferite sparite nel viaggio.
Quando volevo partire, quando morivo di nostalgia.
Quando volevo tornare, quando volevo cambiare.
E ora che sono più solo di prima,
la barca nel porto legata alla cima
è uno scheletro nero antracite che dondola lento sul mare.
E consegno i peccati ad un Dio sconosciuto
che spero non sappia di come ho vissuto
e conosca soltanto il dolore provato nel farmi lasciare,
di quando, guardando quegli occhi per terra,
ho portato persone alla guerra mettendole in viaggio.
Quando volevo partire, quando morivo di nostalgia.
Quando volevo tornare, quando volevo cambiare.
seguendo sirene di mari di mondi.
Ho capito la notte più nera cercando le tracce di vita.
Ed ho avuto compagni di strada,
perduti a contare le stelle coi tempi scaduti,
che dentro alla cenere trovano pace da sempre sognata.
E tenendo le porte comunque socchiuse
ho lasciato persone ferite e deluse nel viaggio.
Quando volevo partire, quando morivo di nostalgia.
Quando volevo tornare, quando volevo cambiare.
Ho camminato su lame taglienti,
malgrado le corde strappate coi denti
e le bende macchiate di sangue più rosso del vino bevuto.
Ed ho visto coprire di terra gli amici
portando orgoglioso le mie cicatrici,
giocando la vita a bruciare del tempo per niente perduto.
E tenendo le mani mai troppo pulite
ho lasciato persone ferite sparite nel viaggio.
Quando volevo partire, quando morivo di nostalgia.
Quando volevo tornare, quando volevo cambiare.
E ora che sono più solo di prima,
la barca nel porto legata alla cima
è uno scheletro nero antracite che dondola lento sul mare.
E consegno i peccati ad un Dio sconosciuto
che spero non sappia di come ho vissuto
e conosca soltanto il dolore provato nel farmi lasciare,
di quando, guardando quegli occhi per terra,
ho portato persone alla guerra mettendole in viaggio.
Quando volevo partire, quando morivo di nostalgia.
Quando volevo tornare, quando volevo cambiare.
Nessun commento:
Posta un commento